"Quelle merendine sono lì nel distributore da mesi."
E’ da questo commento ad alta voce di una mia collega che nasce l’idea di questo articolo per provare a parlare di bigdata in modo concreto, semplice ed efficace.
La parola bigdata evoca nell’immaginario comune una specie di blob di numeri e dati in cui impantanarsi e restare invischiati: c’è chi pensa che i bigdata siano un argomento da grandi multinazionali, chi che ci voglia qualche super computer per analizzare questi ipotetici terabyte di dati, chi, accanito fan di "Guida galattica per autostoppisti", sia portato a credere che qualsiasi sia la chiave di analisi dei suddetti dati, la risposta non possa che essere sempre 42.
La mia esperienza con i bigdata, mi porta a pensare che ogni azienda ha la possibilità e gli strumenti per poter analizzare una serie di bigdata che sono alla propria portata e per capirlo torniamo all’esempio con cui ho aperto l’articolo.
Nell’angolo ristoro del nostro ufficio c’è un distributore automatico di cibo e bevande, è organizzato in 6 file per un totale di 29 prodotti tra cui scegliere.
Con una ripetitività da manuale, ogni due settimane le bottigliette d’acqua gasata finiscono per prime, mentre di quelle di acqua naturale ce ne è ancora ben più della metà; in modo analogo accade la stessa cosa per la confezione di tarallucci e per i biscotti al cioccolato, mentre i due spazi dedicati alle merendine alla frutta non catturano l’attenzione nemmeno del più affamato tra noi.
Se ci fosse qualcuno che al momento del refill del nostro distributore si prendesse la briga di annotare i prodotti caricati, le quantità e quelli che invece erano già presenti e portasse questo foglietto a qualcuno che a sua volta lo caricasse in un sistema (anche un banale foglio excel), si potrebbero fare una serie di analisi per migliorare il venduto generato in due settimane da questo singolo erogatore di snack e bevande.
Una serie di informazioni di questo tipo raccolte con costanza per 3/6 mesi potrebbero rappresentare una quantità di bigdata interessanti per costruire degli indicatori di performance (KPI) e ragionare su una ottimizzazione degli snack e bevande presenti nel distributore.
Ad esempio se sistematicamente 80 bottigliette di acqua gasata finiscono mentre ce ne sono ancora più della metà di acqua naturale, potrebbe riproporzionare la quantità dei due tipi di acqua per generare vendite che in assenza di acqua gasata nel distributore sarebbero perse.
In modo analogo, se ci sono dei prodotti che nessuno vuole, vedi il caso delle merendine ferme al loro posto da mesi, potrebbe essere utile cambiare prodotto e testare con nuove proposte il gradimento dei consumatori di snack.
Acquisire in modo più automatico queste informazioni e con una frequenza maggiore permetterebbe di ottimizzare ulteriormente le vendite ma anche una gestione manuale ma ben strutturata di questi dati sarebbe sufficiente a far registrare una significativa variazione sul venduto.
Un distributore potrebbe anche essere in grado di registrare non solo le preferenze delle persone sulla selezione di prodotti pronti per essere consumati ma anche l’orario in cui questi prodotti vengono scaricati dall’erogatore e questa informazione porterebbe a generare ulteriori analisi e considerazioni forse più di tipo accademico che pratico o forse no, ma è possibile saperlo solo dopo aver raccolto queste informazioni e averle analizzate.
I bigdata sono un mare magnum di informazioni, ma ogni realtà si può confrontare con una quantità di bigdata alla propria portata, per prendere dimestichezza con le considerazioni e gli indicatori più semplici per poi costruire nuovi elementi di analisi sempre più sofisticati ed efficaci.
Pensate anche voi di avere troppi dati da analizzare o di non riuscire a trovare una chiave di lettura utile di quelle informazioni?
Quali serie di numeri, dati e informazioni fanno parte delle vostre analisi settimanali o mensili?
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